M'ama da morire


C’è stato un tempo durato più o meno dalla fine degli anni ’60 alla fine degli ’80, nei quali i maschi di due generazioni, militanti nella sinistra estrema erano femministi. Rivoluzionari addirittura. Per tutti, o almeno per quelli in buona fede cui di estremo è oggi rimasto soltanto il tempo a separare dalla morte, quella della parità tra uomo e donna è forse la sola battaglia che ancora oggi non s’intende abiurare. E poi c’era la musica rock: un potenziale assolutamente devastante di rivoluzione sognata e sognante, reso micidiale dalla forza di musicisti eccezionali che con i loro assoli, aiutavano a vedere come reale quel mondo perfetto, che perfetto invece non fu mai. C’erano star che la rivoluzione di genere ce l’avevano dentro, come Grace Slick, per esempio, voce assoluta dei Jefferson Airplane prima e degli Starship dopo, resa celebre, oltre che per l’abuso di LSD, dalle esibizioni canore nelle quali le capitava di esibire anche tutto il resto che la riguardava. Sui motivi della sua vocazione canora, del resto, aveva tolto ogni dubbio: «Adoro i bassisti – testuale la Slick in una celebre intervista rilasciata alla fine del concerto di Chicago nel 1973 – se sono entrata a far parte dei Jefferson Airplane era solo perché volevo farmi Jack Casady, il bassista: il più bravo di tutti». Aveva ragione: nessuno mai meglio di Jack, eterna spalla di Jorma Kaukonen e poi, sempre con lui, colonna portante degli Hot Tuna. «Sono giovane e sto bene – aveva ancora legittimamente chiosato in quell’occasione - posso prendere tutte le droghe che voglio e farmi chi mi pare. Non siamo impiegati di banca: noi facciamo rock ‘n’ roll». E gli uomini femministi della sinistra estrema come reagivano? Non reagivano, anzi. Non si sentivano trattati come oggetti, né si ponevano domande di cosa sarebbe successo a parti invertite. Né, a dire il vero, i maschi femministi – ma soprattutto le femmine femministe – si ponevano troppi interrogativi neanche sui testi delle canzoni che ascoltavano come vangelo. Per esempio quelle di Jimy Hendrix il quale, aiutato dalla roba che lo avrebbe ammazzato a soli 27 anni, esibiva il proprio virtuosismo suonando l’inno americano mordendo le corde della sua chitarra elettrica, quando invece non la faceva cantare tenendola dietro le spalle. La rivoluzione. Eppure, nell’indifferenza lessicale più assoluta dei femministi maschi e femmine del tempo, la canzone che forse l’ha reso più famoso e che ancora oggi, quando passa in qualche radio nostalgia, i rocchettari e le rocchettare che furono si fermano ad ascoltare senza nemmeno respirare, oggi costringerebbe il “patriarca” Hendrix a dichiararsi colpevole di concorso esterno in femminicidio. Hey Joe – questo il nome assai modesto del protagonista dell’omonima canzone scritta da Billy Roberts, ma resa appunto immortale dalla chitarra più famosa del mondo nel ’67- dove vai con quella pistola in mano? – gli chiedono, neppure troppo preoccupati, gli amici del bar – Scendo giù in centro a sparare alla mia (sic) donna – questa, più o meno, la risposta motivata dell’assai disinvolto Joe – perché l’hanno vista (l’hanno!) con un altro uomo. Ca-a- zzo Joe, verrebbe da dire. Non fosse altro perché le liriche (si fa per dire) continuano con la speranza di un equo rifugio in Messico, dove il presunto cornuto potrà meritatamente vivere libero, dopo aver fatto ponderata giustizia della presunta fedifraga, giacché il suo presunto compare (ieri come oggi) colpa alcuna non ha. Invece non succedeva nulla. Nessun commento indignato da parte di nessuno, nessuna riga di biasimo sulle tante riviste musicali presenti in quegli anni e, meno che mai, un concerto cancellato per testi lesivi della dignità femminile. Nulla di nulla. Erano quindi più stupidi i maschi femministi del secolo scorso, oppure possedevano ancora quel po’ di raziocinio con cui distinguere il testo pur discutibile di una canzone, dall’azione concreta che veniva in esso descritta? Più intelligenti, in ogni caso, le femmine femministe. Preferendo non perdere tempo a rivendicare la censura di quattro versi scalcagnati, dedicavano invece tutte le loro energie per conquistare un’emancipazione autentica, che ancora mancava. Che grazie a loro c’è stata e che adesso sembra di nuovo in pericolo, stando quanto meno ai dati che emergerebbero dai corsi di educazione sessuale svolti nelle scuole superiori dal personale dei consultori familiari di una realtà del nord Italia, che ho avuto modo di intervistare recentemente. Dai loro racconti, infatti, risulterebbe che la maggioranza delle ragazze intervistate considera 
il controllo del proprio cellulare da parte del fidanzato un “gesto d’amore”. Come dire che il vecchio Joe è ritornato dal Messico. E la “sua” nuova donna lo aspetta, impaziente di prendere il resto.

Commenti

J.M.Z ha detto…
Leggere questo articolo mi ha fatto sentire proprio come la prima volta che ascoltai 'Hey Joe' (anche se non era la versione di Hendrix), come essere catapultata in un periodo in cui le nuove generazioni volevano rivoluzionare il mondo attraverso la musica! E i fatti e il significato della vita venivano cantati attraverso storie e metafore, come una specie di linguaggio in codice che veniva captato solo da chi ascoltava davvero! Illustra proprio la discrepanza (senza voler fare di tutta l'erba un fascio) tra l'interpretazione di un opera d'arte da parte di un pubblico anni 70/80 (anche un pò i primi '90 dai): più sveglio, consapevole e attento alle vicende sociali (forse anche per necessitá) e tra il pubblico odierno: un pò disorientato, sensibile, bombardato da continui stimoli virtuali e spesso più interessato alle vicende social (che sociali), il quale, nonstante abbia la possibilità di accedere alle informazioni in maniera immediata per sapere qualcosa, fa più fatica ad avere un'interpretazione metaforica e soggettiva delle cose, con conseguenze, a volte, demoralizzanti (e forse inutili per il miglioramento del benessere sociale?) tanto che perfino Pepé la puzzola dei Looney Tunes ci ha rimesso, dopo che è stata esclusa dal film Space Jam 2 perchè accusata di istigare all'abuso sessuale... o la Disney che si esaspera per cercare di accontentare tutti, "abbronzando" tutte le principesse ne suoi live action, invece che prendere spunto da storie di ogni cultura per raccontare di Donne coraggiose, che siano nere, mulatte, bianche, blu, verdi... In poche parole, il bello di qualsiasi forma d'arte è proprio che trascende qualsiasi cosa. E' la libertà di esprimere il proprio mondo interiore creativamente, colpendo, ma solo con l'arma della fantasia! Lasciando anche totalmente liberi di interpretare quell'opera nel modo che si preferisce. Per me la "blue steel 44" di Joe, sará sempre la chitarra che lui ha usato per "uccidere" la sua donna suonando quella canzone per lei, dopo che lui ha scoperto un misfatto. Forse, se i vari capi di stato mondiali, si fossero ascoltati più canzoni come 'Hey Joe', sempre forse, la violenza l'avrebbero trascesa anche loro... e la guerra sarebbe rimasta solo in un assolo di Rock n. Roll... lo so, lo so, pura utopia ma io ci credo ancora. YOU ROCK MS!
Sandro ha detto…
"Articolo che suona rivoluzionario in questi tempi dove il politically correct cerca di correggere un certo linguaggio considerato "scorretto ". Il testo del brano in questione oggi è considerato dalle nuove femministe solo un racconto di "femminicidio" e per questo è da censurare tralasciando però quelle che sono le forme narrative di un genere musicale come il rock o il blues dove spesso gli amori non vanno bene e sono destinati a finire male e magari in forma violenta. Uno dei limiti di questa nuova tendenza e che non tengono conto del fatto che molte di queste opere per lo più artistiche e letterarie risalgono ad epoche in cui il modo di vivere e il modo di pensare degli uomini e delle donne, per essere corretti, erano profondamente diversi da quelli attuali."

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