Influenza virale


Franco Cerri (foto) era un jazzista italiano  il quale, più che per il suono caratteristico della sua chitarra, negli anni ’70 aveva raggiunto una grande popolarità, apparendo in televisione immerso per metà in una vasca trasparente piena d’acqua. Il cuore della scena che andava in onda sullo schermo (lo screen!), quello cui tutti i telespettatori dovevano rimanere incollati per convincersi della bontà intrinseca di quanto veniva loro proposto (lo score!), era la splendida camicia bianca indossata dal musicista con tanto di cravatta. Non lo sapeva Cerri, ma era – o meglio, oggi sarebbe stato - un influencer (!) giacché pur rimanendo muto, interloquiva direttamente col pubblico a mezzo di sorrisi e ammiccamenti. Non un testimonial (!), in quanto non recitava un copione e infine, non proponendo valori etici, né rivestendo un ruolo particolarmente importante nella società, neppure un ambassador (!). La sola differenza è che il chitarrista, invece dell’odierno sale Himalayano, all’epoca era il detersivo migliore da comprare (il brand!) che suggeriva alle signore (il target !). E, a giudicare dall’attualità di quelle riprese (lo spot!), continuate per anni quali strumenti necessari e sufficienti (il marketing!) a persuadere i consumatori (i Customer!) all’acquisto, va detto che risultano ancora incredibilmente efficaci (cool!). Poi, per le ragioni che non si vuole ripetere, nulla è stato più come prima e i Franco Cerri del terzo millennio sono stati invece sostituiti da ambosessi, deficienti, i cui nomi vanno omessi per indegnità. Talune, deficienti al punto da rubare persino sull’unico valore che in una società più liquefatta che liquida, come la nostra, sembra resistere: la salute dei bambini. Per poi fornire a propria discolpa la sola motivazione che neppure il più deficiente di quella categoria potrebbe mai sostenere: «Ho fatto un errore di comunicazione». Sostituita poche ore fa, sul primo gradino di quel podio infame, da un’altra deficiente che trova normale il fidanzamento ufficiale di una dodicenne, ammazzata poi a colpi di pietra dal fidanzato medesimo, non appena diventato ex. Per subito precisare in un lampo di meditata banalità che il «problema è di tutti, quindi di nessuno e che lui l’ha uccisa perché è maschio». Ma subito rettificando, nella sintassi un po' confusa e pienamente in linea con la nullità quale lei appare, mentre cerca disperatamente un posto al sole in politica, o in TV – che «(…) il maschio che uccide una donna fa parte di quella categoria maschile, misogina, patriarcale che giustifica, tollera, consente il dominio, il possesso, la proprietà del maschio sulla donna al punto da considerare tutto questo ‘normale’. Non tutti gli uomini, ma è sempre un uomo». Per poi concludere, modesta anche se portatrice di consapevole saggezza, che: «Abbiamo il problema e purtroppo non abbiamo la soluzione». Nientemeno. Da rimanere basiti? Si, ma non di questo. I sostenitori (i follower!) di questa ennesima autrice di contenuti (la content creator!) pare che, espressi in termini di deficienza, superino abbondantemente il milione di persone. Poi basta? No, godono tutti del diritto di voto. 

Commenti

Rosario ha detto…
Sempre preciso ed inciso bravo Maurizio. L'importante è andare a votare!!!
Anonimo ha detto…
Quando la comunicazione, quella vera, viene sostituita dall'immagine (vero cult delle nuove generazioni), non esistono più il dialogo e il confronto!!!
Enrico
Anonimo ha detto…
Condivido quanto espresso sopra. È vero che la comunicazione è sostituita dall'immagine. Da "amante dell'arte" ho insegnato che anche l'immagine è sempre stata un potente strumento di comunicazione nell'arte in tutte le sue forme, l'immagine infatti può trasmettere e comunicare informazioni anche attraverso le espressioni facciali senza l'uso di parole. È anche vero però che oggi, specialmente con i social media, la comunicazione è più visiva che verbale e specialmente se per immagine, che prevale sulla parola, si intende figura fisica legata alla popolarità e allo spettacolo. La comunicazione non verbale attraverso le immagini (visual story telling?) può ancora essere strumento fondamentale per infornare, educare. È importante però, sia da parte di chi comunica che di chi riceve, saper analizzare con consapevolezza il messaggio senza farsi influenzare e non limitarsi alla forma apparente e di apparenza falsa e a volte pericolosa di " sostituzione".
Maria

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