Legateli
La notizia che la più grande mostra di costruzioni Lego in Europa rimarrà installata a Rescaldina, in provincia di Milano fino al prossimo ottobre, proponendo a piccoli e grandi appassionati oltre100 modelli spettacolari, costruiti utilizzando 8 milioni di mattoncini, sembra voler lanciare un messaggio di speranza dopo che un po’ di tempo fa, da Londra, erano giunti sempre a proposito di quei giochi sempreverdi, i segni ineluttabili di una realtà che ha ormai definitivamente oltrepassato le colonne d’Ercole della fantasia e soprattutto della ragione. Ma partiamo dall’inizio, precisando innanzitutto con orgoglio che chi è nato in Italia alla fine degli anni ‘50, quando era appunto bambino e giocava a costruire villette in miniatura, piuttosto che con i danesi Lego, probabilmente si cimentava coi più sobri e autarchici Plastic City firmati da Italo Cremona. Le pubblicità di Carosello, tuttavia, erano ovviamente analoghe per entrambi i prodotti, ma soprattutto sembravano non lasciare dubbi di carattere interpretativo sulla funzione di quelle costruzioni, che fino a qualche giorno fa si pensava immutabile, quale gioco didattico di abilità manuale e progettazione concettuale. Ci si sbagliava. E di grosso, giacché non qualche buontempone un po’ alticcio del bar sotto casa, ma neppure un monologo inedito di Gino Bramieri rimasto sepolto nelle teche della Rai, bensì Il Museo della Scienza di Londra ha svelato al mondo il sordido segreto che la casa di giochi, fondata nel 1938 da Ole Kirk Kristiansen, teneva comprensibilmente occultato. L’arcano, come riportato appunto dai media di tutto il pianeta (Lego è l’industria dei giochi col più alto fatturato al mondo), è contenuto nell’audioguida del museo britannico, riferita al percorso “storie di comunità, esperienze e identità queer” che espone tra il resto le celeberrime costruzioni. Unitamente a essa, viene consegnato al visitatore un libretto nel quale - senza mezzi termini e senza girarci intorno – lo si informa che quel gioco finora ritenuto istruttivo, prima ancora che innocuo, rafforzerebbe invece nei piccoli fruitori l’idea che l’eterosessualità sia “la norma”. Come dire che, tanto le coppie residenti nelle casette di plastica frutto dei celeberrimi mattoni oggi prodotti nella Repubblica Ceca, quanto quelle ai comandi delle mega astronavi spaziali multicolore, i bambini che le costruiscono sarebbero erroneamente indotti a immaginarle soltanto di tipo “regolare”. Niente situazioni lesbiche, né omosessuali quindi, ma semplicemente la banalità dei sessi. E con tanto di motivazione doverosa, trattandosi come si è detto del Museo scientifico più prestigioso dell’intero Regno Unito. A questa scoperta pedagogica a dir poco sensazionale, infatti, pare che gli scienziati inglesi siano arrivati dopo uno studio, nel quale avrebbero appurato che nella parte superiore, i mattoncini presi in esame sembrerebbero esprimere una serie regolare di non meglio definibili prepuzi plastici, potenzialmente penetrativi (sono lucido, ve lo assicuro), delle parti invece forate e concave poste nel lato inferiore dei mattoni antagonisti nei quali vengono incastrati. Ora, se tuttavia le si osserva con attenzione e senza neppure bisogno degli strumenti scientifici sicuramente utilizzati dagli esperti londinesi, si apprezzerà come ogni mattonella contenga, per quanto simbolici, entrambi gli attributi sessuali o, comunque, una cavità posteriore analoga a quella posseduta indistintamente dai soggetti di ambo i sessi. Motivo per cui, in attesa di eventuali, quanto improbabili smentite provenienti dalla mostra milanese, delle due l’una: o i Lego sono tutti di sesso maschile – con le conseguenze di carattere sessuologico che ne derivano e che, per forza di cose, non possono essere etero – oppure (ma solo volendo essere elastici) rivelano comunque una inequivocabile propensione alla sessualità ermafrodita per quanto plastica. “Plastica dura” viene comunemente definito il materiale di quel tipo. Da Londra, finalmente, ci hanno anche chiarito il perché.

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