Lo Stato e le canaglie

 


La sortita di Leone XIV durante la sua prima omelia da Papa celebrata domenica scorsa e apparentemente ovvia: «A Gaza i bambini muoiono di fame», induce invece a riflettere su uno scenario diventato ormai intollerabile. Una riflessione che si vorrebbe quanto più rapida possibile, giacché questa realtà, indegna di un’umanità che ancora possa definirsi tale, nei telegiornali della sera sta già producendo assuefazione, tale da suscitare l’attenzione che in genere si dedica alla pubblicità di un detersivo. Come dire che arrivati a questo punto di non ritorno più, o meno oltrepassato, continuare a sostenere le ragioni pur legittime che hanno portato lo Stato di Israele a reagire con tanta violenza all’attentato che, ad opera dei terroristi di Hamas, nell’ottobre del 2023 ha causato la morte di oltre 1200 cittadini innocenti, non basta più. Così come non sono più sufficienti a giustificare quei piccoli corpi scheletrici cui appunto stiamo facendo l’abitudine, gli abusi compiuti dai terroristi nei confronti dei propri connazionali, ignoti solo a chi non li vuole vedere perché accecato dall’ideologia e dall’odio verso l’unica democrazia presente in Medioriente. Israele è del tutto evidente che, continuando così vincerebbe la propria guerra, ma se da un lato è altrettanto evidente che – come avvenne già nel 1967 per le truppe dell’allora ministro della Difesa, Moshe Dayan, nella guerra dei 6 giorni - sarebbe costretto a fermarsi 5 minuti prima della fine, per il concreto timore della potenziale discesa in campo (di battaglia, meglio) di una, o più superpotenze, dall’altro non è pensabile che possa vincerla a tal prezzo. Circa 20.000 sono infatti i minori palestinesi morti nel conflitto attualmente in corso e, secondo stime che appaiono concrete, circa un altro milione è a rischio morte per denutrizione e malattie, la cui unica responsabilità sarebbe quella del Paese guidato in queste ore da Benjamin Netanyahu. Pessimo quanto si vuole – e lo è – ma regolarmente eletto dal proprio popolo a maggioranza, secondo quanto previsto dalla Legge elettorale vigente in quel Paese. Un boomerang che Israele non può e non deve permettersi. Un’arma a doppio taglio, infatti, che se da un lato neppure questa volta consentirà al Paese che diede i natali a re Salomone, di spazzare via per sempre da quelle terre il cancro di Hamas, dall’altro impedirà a un intero popolo già vittima del più grande e letale pregiudizio nella Storia mondiale, di ripassare a quella medesima Storia per aver contribuito in prima persona a una seconda strage di innocenti, più numerosa della prima. Perché questa è la differenza tra un Paese che si possa definire Stato e un gruppo di canaglie che si erige a rappresentare un Popolo, da cui però non è mai stato investito a farlo. Uno Stato deve sottostare a un’etica – fossero anche le regole d’ingaggio per entrare in battaglia – che comporta limiti non valicabili, indipendentemente dalle conseguenze, o dalle necessità. Prima fra tutte, nel caso di Israele, la liberazione degli ostaggi ancora in mano agli assassini oggi guidati dal capo del gruppo islamico palestinese, Muhammad Sinwar, rapiti durante il sanguinario raid del 7 ottobre 2023. Una strage neppure troppo silenziosa, quella consumata ogni giorno sulla pelle dei bambini di Gaza che lo Stato d’Israele ha il dovere morale di fermare. Subito e senza porre condizioni. Aspettando l’occasione di rimandare ancora più salato il conto alle canaglie.

Commenti

Nadia Mai ha detto…
Caro Direttore,
cnosci il mio pensiero su Netanyahu. Lo ritengo una canaglia al pari di un terrorista di Hamas.
Nondimeno, da chiunque sia stata voluta e iniziata questa nuova guerra, penso che non possa essere che l'ultima.
Non esiste la prospettiva di due popoli due stati. Questa faida millenaria si potrà risolvere solo se uno dei due contendenti avrà il sopravvento totale e definitivo sull'altro.
Non c'è etica né umanità nella guerra, la quale può solo suscitare i peggiori istinti in entrambe gli schieramenti. I pochi civili palestinesi davvero innocenti e che, se sopravvissuti, non continueranno a nutrire e perpetuare odio, sono purtroppo indistinguibili dalla massa della popolazione. D'altronde nessuno dei paesi arabi vuole profughi Palestinesi che si trasformeranno inevitabilmente in hezbollah. L'unico paese che avrebbe il dovere di accoglierli è l'Iran che li ha fomentati e agguerriti per il proprio odio personale.
Perciò temo che Israele non abbia ormai altra scelta che cercare di annientare il nemico anche se ne pagherà un prezzo altissimo di fronte alla storia, ma anche in termini economici, di sicurezza e di sostegno internazionale.
Maurizio Scordino ha detto…
La peggiore democrazia è sempre meglio di qualsiasi tirannia.
Enrico Bisio ha detto…
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Pier ha detto…
Ipocrisia israeliana. Netanyahu=Putin
Rosario ha detto…
Mi vergogno ad essere in Europa ed essere rappresentato da tutti questi burocrati lecca.......!!
Enrico Bisio ha detto…
Prendo spunto da un titolo apparso ieri su la stampa; "Affamarli non conviene". È una frase scandalosa.
Il premier israeliano intende forse utilizzare la popolazione palestinese, o ciò che ne rimane, come schiavi da lavoro per i resort che il suo amicone Trump intende realizzare nella striscia di Gaza?
Siamo alla follia e dei famosi ed eventuali DUE STATI di cui si è parlato più volte nessuno parla più.
Tutto è volto al guadagno e alla speculazione che scatterà nel momento in cui si dovrà ricostruire.
Stesso discorso per l'Ucraina con risvolti diversi, ma con lo stesso fine.
Anonimo ha detto…
Caro Maurizio, leggo con piacere che anche tu stai cominciando a capire cosa sta succedendo a Gaza, anche se con troppo, troppo ritardo.
Paola BB
Maurizio Scordino ha detto…
Ti sbagli: ho capito fin da subito che stanno succedendo le conseguenzel
dello spregevolie attentato contro Israele del 7 ottobre 2023., a opera dei criminali di Hamas.

I meglio

200 volte NO

Liceo Pol Pot

Cacciateli

Una vicenda di merda

Lo Stato e le canaglie II