CrepaQuorum


Nel "Paese dei cachi”, così come anni fa il filosofo contemporaneo ed estemporaneo Stefano Belisari - noto anche come Elio (d)e le storie tese) - definì lo stivale su cui abitiamo, che si tratti di politica, cultura, o società, il criterio di declinazione dei fatti è sempre quello legato all’operetta. Il genere musicale preferito da Mozart, peraltro, che però non a caso i tre libretti più importanti della sua Opera se li era fatti scrivere dall’italianissimo Emanuele Conegliano – noto anche come Lorenzo Da Ponte – prima che si facesse naturalizzare cittadino statunitense. Capita infatti in queste ore, parlando appunto dei “Così fan tutte (e tutti)” della politica italiana, il ritorno del consueto tormentone sulla presunta illiceità del non recarsi alle urne in occasione dei Referendum abrogativi di una o più Leggi, in modo da non raggiungere il quorum di partecipazione di almeno il 50 percento più uno degli aventi diritto al voto, indispensabile a rendere valida la consultazione stessa. Diversamente, senza neppure dover aprire le urne, la Legge in questione non viene abrogata. A supportare il refrain dei SI - quorum, il principio del voto inteso come diritto/dovere e quindi obbligatorio come nel caso delle elezioni politiche, contrapposti ai No – quorum che invocano, giustamente, la ratio della Legge che disciplina appunto le modalità di votazione. Se infatti il Legislatore, a suo tempo, ha stabilito la necessità di un numero minimo di partecipanti al voto affinché questo possa produrne gli effetti, è evidente che le opzioni ritenute legittime per il cittadino elettore sono tre – votare SI all’abrogazione del testo in parola, votare NO, oppure non votare affatto – con facoltà addirittura di non ritirare una o più schede, qualora si intenda non rendere validi i quesiti cui esse si riferiscono. Ora, fermo restando il fatto che ognuno possa pensarla come meglio crede, dovrebbe rimanere però acclarato che il principio della partecipazione, o meno al voto referendario, intesa come strumento inteso di volta in volta ad avvantaggiare o a svantaggiarne l’esito, debba restare immutato. O si partecipa sempre e comunque a formare il Quorum, oppure si considera l’astensione alle urne sempre legittima, anche quando questa sfavorisce il proprio obiettivo. E invece no. Nel Paese dei cachi, si diceva in apertura, si è Si – quorum, o No – quorum a seconda delle circostanze e delle convenienze. Moralisti nel midollo gli italiani, coerenti con la propria incoerenza, demonizzano in maniera implacabile chi si comporta, oggi, esattamente come si era comportata, ieri, la propria fazione su un altro argomento. È il turno questa volta del centrosinistra, che l’8 e il 9 giugno prossimi propone (una volta tanto coeso) ben cinque abrogazioni riferite a Leggi concernenti il diritto di cittadinanza e il Lavoro, boicottate dai partiti di segno opposto – a eccezione dei moderati di Maurizio Lupi che voteranno NO – i quali invitano i cittadini a disertare le urne. Si sprecano, ovviamente, gli sproloqui al riguardo. Un «atteggiamento vergognoso», quello degli astensionisti, stando alle parole dell’esponente di + Europa, Riccardo Magi, addirittura «Grave e pericoloso» secondo il capo della Cgil Maurizio Landini e infine espressione di una «Destra irrispettosa della democrazia», secondo quanto attribuito al proprietario di Tesla pentito, Nicola Fratoianni di SE. Se non fosse che … i precedenti contrari nell’alleanza partitica alle dipendenze di Conte e Schlein, ci mostrano gli ex Democratici di sinistra (DS) che, per bocca dell’allora segretario Piero Fassino, a proposito della proposta di abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, sentenziava un perentorio: «Noi siamo contrari ad andare a votare». Il 2009, invece, in occasione del voto sulla riforma del sistema elettorale che si temeva potesse avvantaggiare i grandi partiti, penalizzando quelli minori, vedeva la Rifondazione Comunista di Fausto Bertinotti, coalizzata con Sinistra e Libertà, tutta presa a dichiarare senza mezzi termini di «Voler far fallire il quorum», astenendosi proprio dal ritirare la scheda. Infine, ma solo per chiudere il pezzo, il referendum del 2016 inteso a limitare la trivellazione dei litorali nazionali. Fu Matteo Renzi, in quell’occasione ancora leader maximo dei Dem, a schierarsi senza esitazione: «La posizione dell’astensione a un referendum che ha il quorum – aveva chiosato non senza ragione - è sacrosanta e legittima». All’epoca, nel caso appunto dell’ex sindaco di Firenze, i referendum erano in realtà soltanto plebisciti di gradimento o meno nei suoi confronti che, grazie ai voti della dissidenza interna alla sua linea, quasi lo uccisero politicamente. Del suo operato rimane adesso soltanto il cosiddetto Job’s act. I primi di giugno – se non lo salverà l’astensione – i suoi attuali alleati finiranno il lavoro.


Commenti

Valeria ha detto…
Maurizio è tutto quello che un giornalista dovrebbe essere: ironico, pungente, mai banale, ma soprattutto VERO.
Gia' il titolo è qualcosa di geniale che cattura immediatamente la curiosità del lettore.
È un piacere leggerlo, ma ancora di più conoscerlo di persona.
J.M.Z ha detto…
Praticamente, il SI (che permetterebbe di modificare la legge dei referendum in questione) avrebbe solo una possibilità su 3 di vincere, poiché sia che si voti NO o che ci si astenga dal voto, si permetterebbe a quella stessa legge di rimanere (2 possibilitá su 3). E se non si va votare (cosa che permetterebbe di non raggiungere il Quorum, appunto) vincerebbe direttamente il NO. In poche parole, ad ogni referemdum, i media e i diretti responsabili dovrebbero semplicemente dire che, "se volete che la legge cambi andate a votare, se non volete che la legge cambi restate a casa" (invece di dare l'opzione SI/NO sulla scheda), ma in questo caso si capirebbe chi andrebbe a votare SI, e perciò mi chiedo: ma non potrebbero mandare direttamente le schede elettorali a casa (come fanno con gli Italiani all'estero), in modo da alzare la probabilitá di raggungerlo il Quorum e non far venire il CREPAQUORUM a nessuno?
Maurizio ha detto…
Direi di no, ma puoi sempre provare a organizzare un referendum che raggiunga il quorum necessario per votare e provare ad abolire il quorum.
J.M.Z ha detto…
Leggevo che non esistono referendum propositivi, non mi rimane che change.org (?)

I meglio

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