Tesla di cavolo

 


A ormai più di un mese di distanza da quando la signora Piccolotti in Fratoianni ha comunicato di voler vendere la propria autovettura Tesla, all’indomani dello scandalo operettistico che l’ha travolta insieme al marito Nicola – incidentalmente leader massimo di quel che resta della sinistra italiana - per averla appunto acquistata nonostante venga prodotta da un personaggio - Elon Musk - che entrambi ritengono non debba essere neppure nominato, nessuna notizia è trapelata in tal senso. Aspetteremo. Nella speranza, magari, che i coniugi ecologici nell’affrontare questa dura prova cui il destino mediatico li ha sottoposti, possano prendere spunto dal padre nobile di tutta la sinistra fighettara italiana, Fausto Bertinotti. L’ex presidente della Camera, infatti, quando gliela menavano col cachemire sempre indossato con ostentata eleganza, sapeva essere autoironico. E più di lui la moglie, che in una divertente intervista rilasciata a “Open” nel 2023, aveva spiegato ridendo l’arcano. In quell’occasione, la signora Lella aveva raccontato che dopo la pubblicità non richiesta ottenuta dai media, a causa di un maglioncino di seconda mano, fatto con la preziosa lana e acquistato per il marito in un mercatino a 20.000 lire, quando ancora era un semplice sindacalista, gli amici avevano preso a donare per i compleanni al suo Fausto sciarpe e calzini di quel tessuto, sempre rigorosamente di colore rosso. Come si addiceva a un comunista speciale, del resto: un comunista al cachemire appunto. Addirittura con la erre moscia degli snob e, soprattutto, nessun senso di colpa, né imbarazzo per condurre uno stile di vita basato su un reddito obiettivamente elevato, ma non per questo meno onesto. Divorata dai complessi, invece, la a sua volta parlamentare Piccolotti in Fratoianni ha ritenuto di dover precisare di non essere «una fighetta di sinistra; la Tesla da 47.000 euro – ha poi rassicurato l’esponente di Alleanza verde - l’ho comprata perché è elettrica». E pensare che per uscire da questa impasse obiettivamente squallida, alla coppia sarebbe bastato rivolgersi a Bertinotti. Il quale, probabilmente, avrebbe letto loro una lettera ricevuta a suo tempo proprio da tre «compagne operaie» impiegate nel settore del cachemire. Stanche di quegli sfottò mediatici, le brave lavoratrici avevano corredato il maglione che gli mandavano in dono, con poche parole che valevano però uno scacco matto. «Compagno Bertinotti – gli avevano chiesto senza troppo girarci intorno - perché sei così infastidito quando si parla di cachemire? È il nostro lavoro e la nostra vita». Un concetto che dovrebbe valere ancora. Anche per gli operai che assemblano la Tesla. Persino quella di Fratoianni.

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