Rosso vergogna
Proseguendo nelle cronache dal Paese dei cachi, è di queste ore la notizia che un giudice di pace di una città di provincia del Basso Piemonte – Alessandria – ha emesso la sentenza (probabilmente neppure la prima, sicuramente non l’ultima), che accoglie il ricorso di un automobilista, peraltro sostenuto da una importante associazione a tutela dei consumatori, che nel 2024 era stato multato perché passato col … rosso. Sicuramente un errore di rilevamento, si potrebbe pensare, oppure un caso dubbio di transito tra giallo e rosso? Neanche per sogno: quell’automobilista è passato col rosso. Ed evidentemente, d’ora in avanti, legittimamente se ne potrà anche vantare. Nella motivazione della sentenza, infatti, non si legge che “il fatto non sussiste”, o che il ricorrente “non lo ha commesso”, bensì che la delibera con la quale il Comune aveva deciso di installare l’apparecchiatura era «carente di legittimità poiché il documento - è stato appunto sentenziato - non evidenziava la pericolosità dell’incrocio e i numeri sugli incidenti avvenuti in passato». Ora, fermi tutti. Premesso che in un mondo dal ricordo ormai sbiadito, di quando ancora i cachi non avevano preso il potere sulla ragione, il solo pensiero di contestare l’infrazione di essere passati col semaforo rosso (se davvero era avvenuto), avrebbe comportato una richiesta di Trattamento Sanitario Ospedaliero Obbligatorio (TSO), immaginiamo invece la scena odierna, così come appunto argomentata dal magistrato. A meno di non ritenere che la Giunta alessandrina si diverta a piazzare semafori, su strade cieche dove non transita nessuno, è probabile che adotti invece questa scelta valutando una pericolosità potenziale di quell’incrocio, indipendentemente da che si tratti di una “strada della morte”. Il giudizio del giudice di pace, invece, oltre a partire dal presupposto discutibile che il luogo in questione non fosse affatto pericoloso, per il solo fatto che ciò non sia stato indicato in delibera, rifugge totalmente dalle politiche di sicurezza e prevenzione stradale. Annullare la multa sulla base dell’omissione all'interno dell'atto del numero di incidenti fino a quel momento avvenuti, è come sostenere che “siccome finora non c’è ancora scappato il morto”, utilizzare uno strumento di dissuasione e di regolamentazione del traffico è inutile. Ma al di là della legittimità legale, per quanto demenziale di un ricorso del genere, come pure prescindendo dal fatto non secondario che a emettere giudizi di questa rilevanza, sono potenzialmente deputate figure – i giudici di pace appunto – i cui unici due requisiti obbligatori per detta nomina sono l’età compresa tra i 27 e i 60 anni e l’aver conseguito la laurea in giurisprudenza, senza necessariamente averla mai utilizzata in ambito professionale, il punto vero della questione rimane un altro. Quello evidenziato a commento della sentenza dall’assessore competente e che, senza nulla togliere all’importanza del ruolo, in modo meno aulico, ma più persuasivo, mi aveva spiegato mio padre già una sessantina di anni fa. «Con il semaforo rosso bisogna fermarsi: chi non lo fa deve essere multato», ha detto l’amministratore con delega alla Polizia Locale. Un’ovvietà nel paese reale, un abuso intollerabile in quello dei cachi.

Commenti
Il giudice di pace deve avere una laurea in giuris "prudenza", ma pare che la prudenza sia l'ultimo dei requisiti considerati (questo si può dire in generale della magistratura, sia inquirente che giudicante).
È importante conoscere il codice, ma più importante è avere un codice morale e reale capacità di discernimento.
Nadia Mai
Devono accusare vere distorsioni cerebrali certi giudici che giudicano davvero male e si infarinano il cervello con elucubrazioni mentali da clinica psichiatrica.
Altro che TSO, dovrebbero ricominciare gli studi e completarli con un bel Master in Etica Professionale.
Evviva il Rosso giustizia (senza allusioni al colore delle correnti)!!!
Enrico