Cinque giorni
Gli uomini di età compresa tra i dodici e i sessant'anni venivano separati dalle donne e il generale, circondato dai suoi uomini, rassicurava che sarebbero tutti stati sistemati al più presto, fuori dalla città assediata. Non abbandonatevi al panico – diceva loro – Donne e bambini passino per primi. Attenti che nessuno dei bambini si perda. Distribuiva anche dolci, a quei piccolini. Sui mezzi, invece, erano stipate migliaia di persone, tra cui molti adolescenti. Prima di essere trucidati venivano prelevati a piccoli gruppi e maltrattati con ogni mezzo, comprese sassate e pugnalate. Le uccisioni continuavano senza sosta, in un'atmosfera di ubriaca euforia, con ogni mezzo: anche con il lancio di granate nei luoghi dove i prigionieri erano raccolti. Non soltanto sugli uomini, ma anche sulle donne incinte, sui bambini e sugli anziani. Su alcuni di loro si sparava semplicemente per ferirli, ad altri venivano invece tagliate le orecchie. Non poche donne, infine, venivano stuprate. Mi perdonerà Jože Pirijevec, per questa sommaria ricostruzione non di un film dell’orrore già visto, bensì del suo fondamentale Le guerre jugoslave 1991-1999, tradotto da Einaudi nel 2001. «È successo – aveva profetizzato Primo Levi, emerso da quell’abisso disumano chiamato Shoah, che invece poteva essere opera solo degli esseri umani – può succedere ancora». Ed è successo di nuovo. A Srebrenica, Bosnia, ex Jugoslavia, trenta anni fa proprio oggi. Il generale serbo era Ratko Mladić (nella foto il primo da sx), il quale finalmente catturato dopo la condanna in contumacia per crimini di guerra, dal 2011 è detenuto nel carcere presso la Corte di giustizia internazionale dell’Aja, dove sconta l’ergastolo in attesa di un fine vita, che sono in molti ad augurargli non arrivi mai. Mentre i nomi delle sue vittime non sono invece menzionabili. Non soltanto per il loro numero impressionante, bensì perché almeno un migliaio di quei corpi un nome ancora non ce l’hanno, né probabilmente – a tre decenni da quell’11 di luglio del ’95 - l’avranno mai. Una ferita sempre aperta solennizzata dal riconoscimento di questa data, da parte dell’Onu, quale Giornata internazionale di commemorazione del genocidio. Si può essere d’accordo. A condizione però che esattamente 4 giorni dopo, il 15 luglio diventi la Giornata internazionale di commemorazione del fallimento delle Nazioni Unite medesime e del loro inutile esercito da operetta, meglio noto come “I caschi blu dell’Onu”. 429 di loro erano di base proprio a Srebrenica, sotto il comando olandese del colonnello Thom Karremans (nella foto il terzo da sx), che dopo la caduta della città, sarebbe passato alla storia non tanto per le sue qualità di negoziatore, quanto perché immortalato in infiniti brindisi proprio con il criminale di guerra Mladić. Gli abitanti, a dire il vero, si sentivano persino al sicuro, grazie a quel presidio la cui missione, considerati i costi necessari per mantenerla, anche se nessuno avrebbe saputo dire a che cosa, si riteneva fosse comunque finalizzata a qualcosa. A difenderli dai serbi: «siamo civili inermi, si erano detti fiduciosi gli indigeni – non militari». Merda musulmana li definivano, invece, molti di quei 429 olandesi col basco azzurro. Non li difesero, anzi non mossero un dito. Un carrozzone che si vorrebbe fosse almeno inutile, l’Onu, ma che invece risulta addirittura pericoloso, se è vero come è vero che appena due anni prima, nel 1993, in Ruanda un contingente a guida belga – ex Paese colonizzatore di quello Stato africano e quindi del tutto inopportuno in quel ruolo - consentì di fatto, senza colpo ferire, che un milione (!) di Tutsi venissero massacrati dagli Hutu nel giro di 100 (!) giorni. E sempre a cura degli apprendisti stregoni che nel più famoso dei Palazzi di vetro, rivestono ruoli di grande responsabilità, come non ricordare la barzelletta (che non fa ridere), della nomina Iraniana (!) alla presidenza del Forum sui diritti umani delle Nazioni Unite (!). 11 – 15 luglio: cinque giorni rispetto ai quali mi era venuta spontanea l’aggiunta della parola “soltanto”. Poi ho controllato sul libro di Pirijevec. È il tempo servito ai valorosi miliziani di Mladić per ammazzare 8.372 musulmani di Bosnia. E ho cancellato l’avverbio.

Commenti
Nelle vesti del Gran Capo Supremo Guterres, l'Organizzazione, un giorno da ragione ad uno dei fronti in guerra e dopo un po' all'altro e non si sa bene con quali pensate.
Forse dove gira più " moneta" o dove si possono vendere più armi e farsi simpatico qualche potente.
Dalla Shoah e alla Ex Jugoslavia passare ai giorni nostri è un attimo.
Sterminare per dominare, questo è il principio vincente dei salvatori della Terra, di qualunque colore, sia politico che di pelle.
Enrico
Coraggiosa inviata a Gaza proprio da quel "carrozzone infame" denominato ONU, per fare chiarezza sui fatti che da quasi due anni hanno visto i palestinesi vittime dei sionisti criminali.
Non solo l'hanno fortemente criticata, ma lo stato profondo e permanente americano, la vuole sanzionare.
Sanzionare? Cioè?
Visto che la detenzione di Assange ha suscitato reazioni in tutto il mondo, si è passati alle sanzioni.
In cosa consistono?
Vedremo, ma mi domando quando riusciremo a comprendere che la democrazia è solo un'illusione data al popolo bue per renderlo mansueto e governabile.
PBB
Bisogna sempre vigilare perché la bestia che è in ciascuno di noi può risvegliarsi in qualsiasi momento gliene venga dato il pretesto, cancellando millenni di sovrastrutture che la civiltà ha cercato di costruire per contenere i peggiori istinti.
Le guerre sono l'occasione più propizia, ma non sono solo la causa, ne sono anche l'effetto. Gli istinti primordiali crescono silenziosamente, inavvertitamente, e alla fine tracimano e travolgono. Salvo ritrovarci poi sazi di sangue, pentiti e vergognosi.
Sino alla prossima volta.
Nadia Mai
Ciascuno vede le questioni dalla propria prospettiva e vorrei poter dire che ogni opinione è rispettabile e degna di ascolto. Ma NON quando si sostiene il terrorismo contro una democrazia. Israele è stata attaccata dal primo giorno della sua costituzione e deve continuamente lottare per difendersi dall'odio dei vicini. Netanyahu è criticabile, così come la fascia ortodossa e i coloni aggressivi, ma niente è paragonabile alla ferocia del 7 Ottobre. Quindi la questione è: o neghiamo ad Israele il diritto di esistere o gli riconosciamo il diritto di difendersi.
Nadia Mai