Giustizia è sfatta
C’è un ex capo di Stato, a Parigi, che dopo 14 anni dall’epoca dei fatti e 10 tra indagini e processo, pur proclamandosi innocente rispetto a un reato di finanziamento illecito da 10 milioni di euro durante la sua ultima campagna elettorale, che però non si sono mai trovati e che come è stato riconosciuto lui non ha mai intascato, è stato condannato a cinque anni di reclusione. In primo grado. Non importa se colpevole o innocente, ma in ogni caso nel pieno diritto di ricorrere in appello – cosa che ha fatto - verso una sentenza emessa, oggettivamente, in assenza di prove ineluttabili e di fronte appunto a una negazione dei fatti. Una fattispecie che in qualsiasi Stato che possa definirsi “di Diritto”, aggiunta all’impossibilità da parte dell’imputato di reiterare il reato, alla mancanza di pericolosità sociale e, tantomeno, di rischio che intenda fuggire, consentirebbe a chiunque di attendere in libertà il giudizio di secondo grado. Non a lui. Il prossimo 13 ottobre andrà in carcere. Perché? Perché così hanno deciso i giudici. E tanto deve bastare. E se in appello risultasse innocente? Pazienza. A Tortona, invece, in provincia di Alessandria, c’è un pizzaiolo che a sette mesi dall’epoca dei fatti era in carcerazione preventiva per maltrattamenti in famiglia e tentato omicidio. In un eccesso d’ira, infatti, armato di coltello si era scagliato contro la moglie e il figlio, ferendoli. Alla donna i medici avevano curato le ferite alla schiena, che il marito le aveva inferto mentre tentava la fuga, il ragazzo invece – accoltellato all’addome mentre cercava di bloccare la furia del padre – era stato ricoverato al pronto soccorso in codice rosso. L’aveva scampata soltanto la figlia più piccola, fuggita dai vicini e facendo così scattare l’allarme. Una fattispecie che in qualsiasi Stato che possa definirsi “di Diritto”, aggiunta alla concreta possibilità da parte dell’imputato di reiterare il reato, alla provata pericolosità sociale da parte sua e, tanto più, al rischio che possa fuggire, costringerebbe chiunque ad attendere in carcere il giudizio di primo grado. Non lui. È stato rimesso in libertà dal giudice nei giorni scorsi. Perché? Forse perché dove si ferma il buon senso, come dimostrano sempre più casi di strampalata giustizia, arriva il Diritto. Quello di dire idiozie. Un diritto che vale ed è grave per tutti, ma un po’ più grave se a esercitarlo è una toga chiamata a disporre della vita degli altri. Restiamo ai fatti. Nell’imminenza del processo che dovrebbe celebrarsi il prossimo ottobre, per confermare la propria tesi accusatoria, la Procura aveva richiesto una perizia che attestasse le lesioni riportate dai familiari aggrediti dall’uomo. Dalla relazione medico legale è pertanto emerso che le ferite ci sono state, che hanno interessato punti vitali e che i colpi sono stati inferti in maniera debole. Tanto è bastato al magistrato, per derubricare l’ipotesi di reato da tentato omicidio a lesioni. Come dire, quindi, che prendere un coltello e colpire alla schiena, oppure nell’addome un'altra persona, ferendola, ma con una pressione relativa che può dipendere da mille motivi, tipo la fuga in avanti dell''aggredito più veloce dell'inseguitore che non riesce così ad affondare la lama, esclude di per sé la volontà di uccidere. Senza contare la possibilità comunque concreta di commettere un omicidio, visto che l'uomo non ha colpito le vittime al piede. Ossia, secondo il giudice - del quale si prova a interpretare il quanto meno originale delirio giuridico - l’aggressore, che secondo la ricostruzione della figlia e le testimonianze dei vicini di casa, urlava impazzito di rabbia brandendo un coltello, per poi dichiarare dopo l’arresto un «black out mentale», tale da impedirgli di ricordare l’accaduto, avrebbe tuttavia conservato - nel mentre - la lucidità necessaria a calcolare con quale forza tirare i fendenti, affinché tagliassero la carne, ma senza togliere la vita. Oltre naturalmente a mirare con responsabilità di padre il punto esatto dove colpire l’addome del figlio, per evitare tragedie. Ineccepibile: un po’ come scaricare il caricatore su qualcuno, senza però tirare direttamente agli organi vitali. Tentato omicidio? Non scherziamo, da oggi non più: al massimo “procurato spavento” e magari, forse, se esce troppo sangue, addirittura lesioni.

Commenti
Jim Mason: Un mondo sbagliato - Storia della distruzione della natura, degli animali e dell’umanità
E può capitare di finirci anche con una vita specchiata .
Lo perdemmo di vista per qualche anno. Era un amico di mio padre. Quando lo reincontrammo per caso era l'ombra di sé stesso. Accusato di aver rapito un bambino per un giorno intero. Aveva un alibi di ferro. Nonostante ciò si andò a processo e nel frattempo l'alibi morì. A nulla valse la deposizione raccolta e messa agli atti dell'amico che dichiarava aver passato tutto il giorno con lui.
Non so come, alla fine il bambino confessò di essersi inventato il rapimento per nascondere di aver bigiato scuola. Aveva scelto l'amico di mio papà perché era grande e grosso e e si notava da lontano.
E avrei anche un altro caso da raccontare, ma ve lo risparmio.
Nadia Mai