Paragoni paraculi
Conosco da anni Marco Revelli, che quando insegnava scienze politiche all’Università del Piemonte Orientale, mi ha fatto l’onore di concedermi una breve lezione su aggressività e violenza ai suoi studenti di Alessandria. Un intellettuale tra i più autorevoli del nostro tempo, di cui è impossibile non apprezzare il ragionamento pacato e l’argomentare finalizzato a non rinnegare mai la verità, nel pieno rispetto delle idee altrui. Per questo ho letto con il riguardo dovuto a un Maestro, il lungo editoriale comparso su La Stampa venerdì scorso, relativo alla recente sospensione del corso tenuto dal professore israeliano Pini Zorea, presso il Politecnico di Torino. Uno scritto in cui Revelli ha sostenuto che la libertà di opinione va sempre rispettata, a condizione però che non sia negazionista, tenuto conto che l’Università certifica la formazione degli studenti la quale, giustamente, non può essere fuorviata da idee che vadano contro la verità storica dei fatti. Quindi, temendo di aver perso un passaggio importante dell’intervento di Zorea – peraltro formulato (come riconosce lo stesso Revelli) in risposta a una provocazione – ho verificato. Appurando così, che la negazione in parola in realtà è un’affermazione. Ossia che l’esercito israeliano, di cui Zorea è riservista come tutti i cittadini del suo Paese, sarebbe «Il più corretto del mondo». Avete capito bene: Zorea non ha sostenuto che le SS di Hitler distribuissero confetti ai bambini. Neppure che lo facessero i Khmer rossi di PolPot e, tanto meno, che oggi lo faccia l’Idf. Bensì che l’esercito israeliano osserva correttamente le regole di ingaggio. Che sono sempre terribili, ma che in stato di guerra (non nella parata del 2 giugno), quello sono. Si potrà contestare al professore un eccesso di amor proprio con quel «del mondo», poiché le regole d’ingaggio (decise dai governi e non dai militari) sono comuni a tutte le Forze Armate regolari dei Paesi democratici. Aggiungendo che causano comunque cose orrende, ipocritamente definite “danni collaterali”, le quali troppo spesso coinvolgono civili innocenti e soprattutto bambini. Si può persino sostenere che quella di Pini Zorea sia stata un’affermazione eccessiva, eppure mai e poi mai meritevole di una sanzione accademica, pari a quella che trova Marco Revelli «sinceramente d’accordo». Davvero, altrettanto sinceramente, il professor Revelli crede che la medesima severità sarebbe stata adottata se a pronunciare quella stessa frase in favore dei propri soldati, ai tempi di Mitterand e a dispetto dei noti fatti d’Algeria fosse stato un docente francese? O britannico, con Blair primo ministro, nonostante le brutalità della Marina di Sua Maestà nelle colonie di mezzo il mondo? Revelli pensa «sinceramente» che a Torino avrebbero abolito anche il corso di un docente statunitense, con Obama presidente, se questi avesse glorificato il corpo dei marines nonostante le bazzecole accadute in Vietnam? Ma a lasciare basiti sono gli esempi comparativi cui l’autore di “Oltre il ‘900” si rifà per dimostrare il “negazionismo” di Zorea e l’equità di quanto disposto dal diversamente magnifico rettore. «Cosa si dovrebbe fare – chiede Revelli - se un professore universitario sostenesse coi propri studenti di fisica che la Terra è piatta?». Ma non basta: «Cosa succederebbe – incalza ancora – se un docente di medicina insegnasse in aula che il cancro si cura imponendo le mani?». Caspita, citare due esempi più equivalenti di questi all’affermazione di Pini Zorea è davvero impossibile. A dire il vero, però, un altro ci sarebbe. Cosa succederebbe, si potrebbe chiedere al sempre sincero politologo di Cuneo, se un docente di storia definisse durante la lezione: “Esercito di liberazione”, oppure “Nuova Resistenza” una banda di tagliagole che – Ricordati che questo è stato - avesse ucciso in un blitz a tradimento 1200 persone compresi centinaia di bambini e di donne, ne avesse stuprate centinaia di altre e rapito più di duecento ostaggi, segregandoli in tunnel sotterranei, per poi utilizzarli come scudi umani? Azzardo: succederebbe che il professor Marco Revelli rimarrebbe muto. Proprio come su questo punto – in buona compagnia – è stato finora. Incapace di rispondere alla sua stessa domanda, quella con cui ha concluso l’editoriale. «Nello specifico: che sarebbe di noi, come ci sentiremmo con la nostra coscienza, come persone del nostro tempo (…) se a poche centinaia di chilometri dalla nostra quieta vita, assistessimo in silenzio alla proclamazione ex cathedra della moralità dei carnefici?».

Commenti
Concludendo, sospendere un docente in un corso di 'dottorato' (quindi non per 'bambini' da proteggere dalle menzogne dei grandi), per di più ospite, per una frase del genere, che risulta pateticamente ingenua, è ridicolo, e mostra quanto al mondo l'emotività e il pregiudizio giochino più della razionalità. Vedremo come va a finire...