È un Paese per vecchi
«Un limite grosso che ci portiamo dietro da un punto di vista culturale è quello di non aver ancora inserito l’educazione sessuale quale materia scolastica. Ne abbiamo ancora paura. Si continua imperterriti a contrabbandarla attraverso termini come affettività o emotività. Una pecca, beninteso, che vale per tutti i governi, di tutti i colori, che si sono succeduti da sempre in Italia. Il risultato è che i giovani acquisiscono il concetto di sessualità direttamente dal web, confondendola con la pornografia, dove la rappresentazione della donna viene proposta nei termini a dir poco negativi che tutti conosciamo». Non sono le parole di una invasata e, tantomeno, di una persona dall’atteggiamento indifferente verso l’infanzia e la prima adolescenza. Bensì di Maria Rosa Giolito, storico personaggio della realtà dei consultori familiari torinesi e oggi referente regionale delle strutture piemontesi. L’ho intervistata di recente, per il libro che celebra i 50 anni dalla Legge Istitutiva di questi importanti presidi della salute per tutti, in uscita il prossimo novembre. Compito di questi luoghi della sanità pubblica considerati di frontiera, dei quali forse non si comprende appieno l’importanza sociale che ancora rivestono dopo mezzo secolo, è appunto quello – tra gli altri - di tenere corsi di educazione sessuale nelle scuole. Soltanto le superiori, però, giacché anche il Governo in carica ne ha fatto divieto per gli alunni di primarie e medie inferiori. Un atteggiamento che non stupisce, poiché conseguenza di un moralismo bacchettone figlio a sua volta di una trascorsa, eppure ancora solidissima, ingerenza vaticana nelle scelte per così dire etiche dello Stato italiano, ma che semmai sbalordisce. Sbalordisce, infatti, che nel 2025 presso il Ministero della Istruzione, qualcuno immagini ancora i bambini, come soggetti “turbabili” da nozioni elementari di sessualità, impartite peraltro da professionisti appositamente formati. Tanto più assurdo se – in un Paese dove purtroppo le cronache informano che molte famiglie ritengono normali i “fidanzamenti” tra dodicenni – si pensa che questo divieto possa in qualche modo tutelare (da cosa?) i ragazzini delle medie. E qui veniamo al punto dolente della questione, ossia quello secondo il quale la cosiddetta educazione all’affettività dovrebbe risolvere la scarsa considerazione che ancora la nostra società maschilista (e non patriarcale) attribuisce al genere femminile, limitando addirittura i femminicidi. Non credo, o meglio non credo che questo basti. Difficilmente, infatti, un concetto di parità assoluta tra uomo e donna può essere appreso a scuola, cui si pretende di delegare ormai tutto, compreso ciò che un tempo costituiva l’abc dell’educazione materna e paterna. Difficilmente, infatti, potrà sedimentare in un giovane studente maschio il concetto sacrosanto che un padre vale quanto una madre se, tornando appunto dai banchi dove glielo hanno appena spiegato, il ragazzo stesso acquisisce come dato di fatto che le faccende domestiche – per fare un esempio facile, facile – siano “naturalmente” affidate a quest’ultima, magari aiutata dalla sorella, mentre lui si gode il dopo pranzo spaparanzato sul divano, giocando a playstation con papà. Un concetto di parità e dignità dei sessi che, ancora più difficilmente – per fare un altro esempio, ma un po’ più complesso - potranno aver interiorizzato quale condizione imprescindibile di civiltà, quei ragazzi e ragazzini che lo scorso luglio, a Milano (!) – non a Teheran – hanno assistito alla relegazione delle donne islamiche, così rigorosamente separate dagli uomini, all’interno di una recinzione di fortuna (foto).Una situazione decisamente aberrante, che si aggiunge a molte altre analoghe e peggiori, svoltasi in occasione dell’Ashura nei pressi della stazione centrale del capoluogo lombardo. Una vessazione anacronistica che trova fondamento su un presunto consenso femminile, in molti casi reale, ma solo perché basato sulla secolare condizione di assoluta sottomissione all’uomo. Una prassi religiosa la cui violazione è duramente repressa nei Paesi dove è Legge, ma inconciliabile con i precetti di uno Stato laico la cui Costituzione – insuperabile da qualsiasi altra Norma o consuetudine - prevede la piena e assoluta uguaglianza tra i cittadini, indipendentemente (tra il resto) dal sesso. Una manifestazione discriminatoria e per certi versi limitativa della libertà personale, contrabbandata come tolleranza inclusiva di una “cultura millenaria diversa”. Una vergogna sessista sulla quale, però, molti tra quelli che oggi – legittimamente - protestano contro il citato divieto scolastico, si guardano bene dal levare anche solo un sussurro. In Italia, ancora fino al 1981 (!), il marito (non la moglie) poteva uccidere la consorte infedele scontando poi una pena detentiva esiziale. Fortuna, allora, che le femministe in scarpe da tennis di ieri la pensassero diversamente da quelle con le scarpette rosse di adesso, altrimenti questa prassi sarebbe da considerarsi ancora un fatto normale. Va precisato, infatti, che l’odierno “femminicidio”, attualmente proposto come una sciagurata novità dei tempi attuali, fosse fino a ieri rubricato all’interno del patrio codice penale (sia pure con distinguo di forma, ma non di sostanza), alla voce: delitto d’onore. Sicuramente un’altra delle tante pagine storicamente importanti e diverse della nostra millenaria cultura, che a tratti qualcuno sembrerebbe persino rimpiangere.
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Commenti
Non ricordano l'ignoranza abissale in materia, non dico di sesso, ma di elementari nozioni circa la fisiologia del proprio corpo cha ha funestato la mia generazione.
Si può obiettare che oggi i bambini e i ragazzi siano persino eccessivamente edotti sul sesso da cine, tv e social. Ma, proprio perché bombardati da immagini senza controllo, dovrebbero poter usufruire di una guida responsabile all'acquisizione corretta di informazioni sulla fisiologia, sul sesso e sull'affettività.
Quanto alla discriminazione di genere, rifletto sul fatto che che il "delitto d'onore" vigeva soprattutto in quelle terre d'Italia che avevano subíto la dominazione araba di cui hanno mantenuto per secoli la mentalità sotto molti aspetti. Anche in quelle zone si sono ormai riscattati grazie alla dominante cultura occidentale.
Processo che sta avvenendo in modo inversamente proporzionale nell'Occidente ormai colonizzato e prono alla "cultura" islamica.
Nadia Mai
Visto come crescono o si formano tante famiglie al giorno d'oggi lasciamo perdere il discorso.
In tanti e credo la maggior parte dei genitori cercano di indirizzare i propri figli ad una giusta e semplice conoscenza del proprio corpo e spiegare come lo stesso si evolva fino alla maturazione sessuale e a tutto ciò che esso comporta in termini di rapporto con l'altro sesso.
Certo la scuola, come istituzione educativa, deve tenere conto di questo aspetto nell'ambito non di un riempirmento dei vuoti lasciati dalle famiglie (le maestre o i professori che si improvvisano formatori), ma inserendo l'argomento in un ambito scientifico spiegato da docenti esperti, possibilmente medici del settore
Ma cosa devono autorizzare le famiglie se sono proprio quelle che non fanno in primis, il loro dovere.
La scuola è un'istituzione e faccia quello per cui è stata creata.