GuantOnamo

Immaginate di avere 75 anni e di aver servito - fino a prova contraria (ossia fino a quando non sia stato dimostrato il contrario, al termine del terzo grado di Giudizio) – lo Stato italiano già dagli anni più feroci della lotta alla mafia, in una carriera nella Polizia di Stato che vi ha fatto raggiungere il rango di questore prima e prefetto poi. Immaginate che quando di anni ne avevate trenta, lavorando al fianco di magistrati come Pietro Grasso – poi presidente del Senato – abbiate preso parte alle indagini sull’omicidio dell’allora presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, avendo gestito una possibile prova di quel delitto – poi misteriosamente scomparsa - senza che alcuno di quei magistrati abbia mai ritenuto di dover sollevare il minimo dubbio sul vostro operato. E immaginate ancora che per quel delitto siano stati indagati personaggi del terrorismo nero, già in carcere all’ergastolo per altri delitti, i quali oltre a rammaricarsi di non averlo compiuto, sono risultati estranei ai fatti con sentenza definitiva, facendo sì che dopo 45 anni per quella morte non ci siano ancora colpevoli. Immaginate quindi che dopo mezzo secolo un procuratore vi convochi come testimone di quei fatti, chiedendovi conto di quella sparizione. Ora, non credo che chi non l’abbia mai provato, possa immaginare (fosse anche un magistrato stesso) cosa significhi essere “ascoltato” da un giudice, con la consapevolezza che dalle parole pronunciate e dal modo in cui quel giudice le interpreterà, potranno dipendere la libertà, la salute e il futuro personali. Il sostituto procuratore che vi ha interrogato al riguardo, infatti, non vi ha chiesto di riferire “più, o meno” quello che vi ricordavate.  No, in quella saletta angusta il magistrato vi avrà citato – senza farveli vedere – verbali e documenti che avete firmato non 45 giorni, bensì 45 anni prima, chiedendovi, nel dettaglio, il perché di cosa avete detto,  fatto e scritto in quel tale giorno preciso. Domande cui voi avreste risposto, senza neppure l’avvocato poiché per ora eravate lì solo a testimoniare, come avreste potuto: comprensibilmente agitati e – non paia cosa da poco – in ritardo appunto di anni luce rispetto all’epoca sulla quale si sta indagando. Nonostante ciò, sui giornali che oggi hanno ovviamente sbattuto il nuovo mostro in prima pagina: il prefetto in pensione Filippo Piritore, arrestato a distanza di 45 anni per il presunto depistaggio di quel delitto infame, in quanto avrebbe fatto sparire il guanto predetto, era già perfettamente leggibile la consueta condanna sottintesa e inappellabile a mezzo stampa. In spregio alla presunzione di innocenza contemplata dal nostro Ordinamento penale, di cui si accennava in epigrafe; indifferenti alla recentissima (e quasi ignorata dai mezzi di informazione) sentenza della Cassazione che annienta il teorema mafioso su cui per 30 anni sono stati inchiodati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri; impassibili rispetto al rigetto delle accuse formulate dalla procura milanese (e ai successivi arresti) contro assessori e immobiliaristi, definite “avvilenti” dal Tribunale del riesame. Ma non basta, perché la prova riportata dalla stampa come “inoppugnabile” della colpevolezza di Piritore, sarebbe il  malessere diffuso da lui denunciato alla moglie, in una telefonata intercettata al termine dell’audizione in procura. «Perché stava male – citando più di un’anima candida che ha così commentato sui giornali di oggi – se non aveva nulla da temere?». Domandare è lecito, recita un vecchio detto, ma a rispondere con cortesia a una domanda per quanto idiota, in questo caso, è la stessa Magistratura. Rimandando ai dati forniti dalla Direzione Generale di Statistica e analisi organizzativa del ministero di Giustizia, dai quali emerge una situazione a dir poco sconcertante, di quelle per le quali ci si può solo augurare di non imbattersi mai. Le statistiche in questione sono spietate. Si riferiscono al periodo 1992-2022 e da esse emerge che degli errori giudiziari avvenuti, il 96% (!) riguarda la giustizia penale. Un incubo di cui il relativo 60% va tradotto in 1.025 ingiuste detenzioni l’anno riferite a reati gravi, come omicidio, rapina e sequestro di persona, per le quali nessun giudice è mai stato chiamato a rispondere neppure in sede civile, nonostante abbiano comportato un danno erariale in risarcimenti di oltre 76 milioni (!) di euro. «Hanno fatto tanto per farlo – cercava di consolare il marito come poteva, la signora Piritore, riferendosi all’interrogatorio disposto a mezzo secolo di distanza dall'epoca dei fatti – non possono fare nulla». Sarà, deve aver pensato il vecchio poliziotto più disilluso che speranzoso: «Ma qualcosa fanno» ha concluso. Come dargli torto, del resto: In questi trent’anni, infatti, in Italia gli inquirenti lo hanno fatto – impuniti - per 28.702 volte.

Commenti

Rosario Failla ha detto…
Caro Maurizio, le tue parole risuonano profondamente tra tutti noi che da decenni indossiamo questa divisa con rispetto e dedizione. Siamo consapevoli che il nostro percorso è sempre sospeso su un filo di rasoio: da una parte la criminalità, dall’altra le maglie spesso rigide della giustizia, pronti a essere messi in discussione per ogni errore, anche se dettato da stanchezza, imprudenza o una tragica superficialità.
Purtroppo viviamo in un sistema che troppo spesso ci considera vittime sacrificali, senza riconoscere la fatica, l’onestà e il sacrificio di chi ogni giorno si mette al servizio dello Stato. È ancora più triste sapere che quando uno di noi viene assolto, la notizia si perde in qualche trafiletto di periferia, mentre resta vivo il clamore della condanna mediatica.
Grazie di cuore per l’impegno che metti in quello che scrivi e per il coraggio di dar voce a chi, come noi, spesso si trova solo ad affrontare tutto questo con dignità e silenzio.
MASSIMO TERRILE ha detto…
La situazione narrata dal bravo Maurizio riporta alla mente, anche se con una non lieve forzatura, il rischio dei sistemi in cui vige un perfetto ‘determinismo’, sconvolti dall’apparire di una anche minima forza o evento non previsto. Tipici delle illusioni dell’illuminismo - sconvolte oggi dalla meccanica (alias fisica) quantistica (da ‘quantum’, minima quantità di unità discreta) che ha rivelato come l’universo sia altamente imprevedibile e sia d’obbligo affidarsi alle probabilità - sono la credenza che l’universo, i sistemi sociali, e l’economia, siano governati (e governabili) come avviene nelle ferree leggi della fisica classica, scoperte da Galileo e Newton. “Datemi lo stato dell’universo e io vi predirò il futuro”, diceva Laplace. Anche se qualcosa di deterministico è rimasto, almeno per i grandi sistemi, nel cuore dell’infinitamente piccolo vige il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg (1927), per cui ad esempio se misuriamo la velocità di una particella (subatomica) influenziamo la sua posizione, e viceversa. Di conseguenza non possiamo conoscere contemporaneamente i due dati. Non resta allora che affidarsi al calcolo delle probabilità, e ciò pone un limite insuperabile alla conoscenza umana. Ne consegue, mescolando i due concetti, che viviamo in un ‘caos deterministico’ (ossimoro apparente) che va studiato e gestito proprio in quanto un sistema caotico è (incredibilmente) strutturalmente stabile, anche se perturbato, e mantiene una certa coerenza nel suo disordine. Dunque, per collegaci alla vicenda del poliziotto che dopo 45 anni viene ‘interrogato’ dal giudice in merito alla sparizione di una prova relativa al delitto Mattarella, anche in un sistema sociale (giudiziario) che si sarebbe potuto definire ‘deterministico’ in quanto governato da precise leggi strutturatesi nel tempo, qualcosa di imprevisto e/o imprevedibile può accadere, sconvolgendo così la ‘certezza del diritto’ in chi pensava che, dopo 45 anni, nessuno sarebbe andato a investigare sulla scomparsa di una prova (il guanto), rimasta, perla verità, ‘indeterminata’. Oppure gli errori giudiziari sono talmente tanti da far temere per la 'certezza del diritto'. Il ‘caos deterministico’ del nostro sistema sociale e giudiziario pare quindi non aver molto da invidiare a quello fisico. Occorre quindi imparare a gestirlo, e non dimenticare il calcolo della probabilità, ossia che se qualcosa può andar male, lo farà (legge di Murphy).
Anonimo ha detto…
Sconfinata ammirazione per la dotta analisi di Massimo Terrile.
Ammirazione e sconforto, date le conclusioni.
Che dire?
Forse dovremmo esercitarci di più a trovare ed esaltare le cose buone che, indubitabilmente, per l'equilibrio del caos, avvengono.
Esercizio non facile per una Cassandra quale sono.
Nadia Mai
MASSIMO TERRILE ha detto…
Gentilissima ‘Cassandra’, mi permetta di essere d’accordo con lei pur nell’affermare il contrario. Logica che anche Maurizio ama indicare. La vita sarebbe certo più gradevole se ci limitassimo a guardare il bicchiere mezzo pieno, anziché strapparci le vesti per l’atra metà. A maggior ragione se fosse pieno al 70%. Tuttavia, e qui affermo il contrario, non impareremmo a gestire il caos deterministico nel quale viviamo. Anzi, saremmo tragicamente esposti agli eventi avversi che inevitabilmente Murphy sa si verificheranno. Anche gli animali non umani, che alcuni di noi credono non essere coscienti del futuro (perché non conoscono l’etologia) sono ‘Cassandre’ a modo loro. Basta vedere gli scoiattoli nascondere le provviste per l’inverno. Condizione dunque comune a tutti gli esseri senzienti. Certo Priamo e i troiani non si spettavano che il loro ‘deterministico’ regno fosse sconvolto da una storia d’amore, tale peraltro da far impallidire quelle di oggi (se ancora ci sono). Quindi, gentilissima Nadia, grazie a lei e a tutte le Cassandre, perché da loro si impara a conoscere e, se non gestire, almeno prevedere la parte sgradevole del ‘caos’, fin che si può. Infatti, certo lei, da buona Cassandra, saprà che il Sole diventerà una supernova e brucerà la Terra (le previsioni del tempo in cui accadrà si accorciano ad una tragica velocità) e che, comunque l’aumento costante dell’entropia porterà il 'tutto' a sprofondare in un enorme buco nero. Ma non lo dica in giro…restiamo ottimisti (e qui mi smentisco nuovamente), e occupiamoci del breve andare, perché come diceva l'economista J.M. Keynes "nel lungo andare saremo tutti morti".
Cari saluti. Massimo.
Anonimo ha detto…
Grazie Massimo per la sua risposta, non particolarmente incoraggiante, ma inconfutabile.
Approfitto e divago:
Quando saremo assorbiti dal buco nero c'è la possibilità che rimanga testimonianza dell'eccezionalità di questo pianeta che, forse unico nell'universo, ha generato la vita, e una vita intelligente in ogni sua forma, cioè capace di adattarsi alle condizioni ambientali e perpetuarsi. Per non parlare poi di Sapiens e di Faber che, malgrado le infamie con cui si è affermato nella storia, ha saputo creare monumenti di ogni genere, dall'architettura al pensiero, dalla musica alle arti visive esprimendo in ciascun ambito una genialità che ha del divino.
Ecco, io non sopporto l'idea dello spreco immane che risulterà dal collasso del sistema solare.
Mi consolo pensando che esista un archivio cosmico nel quale vengano conservate le immagini della Storia come le pellicole in una cineteca.
La prego, mi assecondi🤣
Nadia Mai
MASSIMO TERRILE ha detto…
Ma certo, cara Nadia. La assecondo volentieri. A patto che da quell'archivio della storia siano eliminati i rovesci della 'medaglia', ma la prego, non me li faccia dire.
Con simpatia
Massimo
Enrico.b ha detto…
La Giustizia giusta, la Legge uguale per Tutti, le riforme che si predicano o che si invocano in ambito giudiziario sono tante belle parole.
Ho "fatto" Polizia Giudiziaria per più di 30 anni e ho imparato che se a P.M., Giudici e forze dell'ordine metti in mano, senza contraddizioni, ciò a cui loro serve per poter esercitare la Giustizia, tutto scorre liscio e vieni eventualmente chiamato e testimoniare nei tempi tecnici della prescrizione del reato di cui trattasi.
Tutto ciò per dire che le regole ci sono, ma sono le persone che le applicano e ne va della moralità delle stesse se "qualcosa" non ha funzionato.
Sono prima le persone che devono essere Giuste per applicare Giustamente una Giusta Legge.
La storia politica e non, ce lo insegna!!

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