Sogno, o son pesto?
Definire Maurizio Landini quanto meno “duro di comprendonio” potrebbe sembrare un’offesa. Eppure diventa difficile sostenere il contrario se, considerato che dal 2010 al 2017 ha guidato il sindacato metalmeccanico della CGIL e dal 2019 è a capo dell’intero sindacato ex comunista, ha realizzato soltanto ieri a cosa serva il sindacato stesso. Riferendosi, infatti, alla campagna da lui voluta e portata avanti per promuovere i referendum falliti a causa del mancato raggiungimento del quorum, Landini ha spiegato ai microfoni di La7 a poche ore dalla debacle, che a lui i mesi di campagna elettorale hanno insegnato che «Un sindacato deve imparare ad ascoltare le persone – aggiungendo poi consapevole che - i disagi e problemi di questo paese sono profondi». Perbacco che analisi, verrebbe da dire. Se non fosse che in fondo ha ragione. Se avesse ascoltato le persone, in effetti, forse avrebbe compreso che le Leggi che intendeva abrogare non solo non erano evidentemente nelle corde del 70 – settanta! – percento circa dell’elettorato, ma che per la loro complessità andavano e andrebbero affrontate da e in un Parlamento competente e degno di questo nome, anziché tramite un improbabile plebiscito da risolvere con un Sì cieco e obbediente. Se le avesse ascoltate le persone cui si proponeva, in realtà, come prossimo leader del Partito Democratico, Landini avrebbe compreso che l’elettorato ha ormai maturato una buona memoria storica per sapere che in Italia i referendum abrogativi, quando appunto vincono i Si comportano l’abolizione di una Legge, comprese le eventuali garanzie che essa contiene, senza che poi Deputati e Senatori si preoccupino di riscrivere (quanto meno in tempi rapidi) il testo che dovrebbe riformulare – in meglio – le Norme soppresse. Sempre se alla rivelazione tardiva circa la perspicacia del sindacato, il capo di quella organizzazione un tempo definita la “cinghia di trasmissione della sinistra” fosse arrivato solo che lo scorso anno, quando ha cominciato a costruire il prevedibile (da tutti, tranne che dal centrosinistra) disastro politico consumato durante il fine settimana scorso alle urne elettorali (e per Landini, Conte e Schlein politicamente funerarie al tempo stesso), avrebbe imparato qualcosa anche in materia di immigrazione. Per esempio che la Normativa italiana sulla cittadinanza, quando non è migliore, risulta in piena linea con quella dei più democratici Paesi europei. Ma soprattutto avrebbe capito che – piaccia, o non piaccia e vero, o non vero – il 70% degli italiani non era d’accordo, a dimezzare gli attuali tempi tecnici necessari ai cittadini stranieri per ottenere la cittadinanza. E, ancora più importante, se Landini fosse andato in giro a sentire la pancia del Paese reale, avrebbe scoperto che tale comune indisposto sentire, prima ancora che nelle stanze di Casa Pound, era ed è da anni sulle bocche e nelle teste dell’elettorato più periferico e popolare del centrosinistra, impegnato nell’eterno ripetersi della sorte spettante ai capponi di manzoniana memoria. Un cinque a zero solenne, che segue quello dell’Inter in Coppa, dove qui, però, arrivare secondi non prevede alcuna medaglia. Dovrebbe invece portar lo sconfitto a lasciare il timone a qualcuno, disposto a raccogliere i cocci di una sinistra bollita, incapace di articolare un’idea che di politica parli. La stampa lo ha subito chiesto a Landini mentre, ancora sotto shock per la batosta subita, delirava sognando i “milioni di voti da cui ripartire”. «Lasciare? – ha replicato stizzito – Non ci penso neanche lontanamente». Neppure fosse stato bocciato da sette italiani su dieci.

Commenti
E fin qui va bene, l'amore è sempre rispettabile. Meno l'amore malinteso di sé.
L'ambizione è un buon motore per la propria realizzazione e per il raggiungimento di scopi sperabilmente utili. Non se diventa fine a sé stessa, pronta a servirsi di ogni mezzo per soddisfare il proprio io.
Insomma la differenza tra buona e malafede.
Nadia Mai
Converrai con me che anche Landini &co hanno i loro interessi. Tuttavia, quando i loro interessi coincidono con vantaggi che possono usufruire i lavoratori e non gli sfruttatori, bisogna anche comprendere cosa c'è da guadagnarci per il nostro futuro, e non solo per le nostre tasche. Basterebbe fermarsi e fare un poco di attenzione, cercando di capire (nonostante ci siano molti altri problemi più grossi) che quel diritto, in un futuro, tornerà utile ai nostro figli, nipoti, e altri lavoratori schiacciati e sbeffeggiati da un sistema totalitario e capitalista: il mondo del lavoro.
Inoltre, tutti sapevamo che il quorum non sarebbe stato raggiunto. Perché? L'Italia non crede nella politica. La loro fede è più forte in "dio" o nel "denaro subito", piuttosto che nelle leggi propinate dai sucidi governi degli ultimi 30 anni. Basti considerare che i voti sono calati dal 95% al 60% in poco più di mezzo secolo. E se la mentalità cambia, le leggi purtroppo rimangono le stesse (o seguono il nuovo dio, Pecunia et penum prosperus) e il quorum (legge costituzionale paradossale e obsoleta, per quel che riguarda i temi seri, e la considerazione popolare della politica stessa) finisce per essere una "catena" per chi ha fede nella democrazia. Il 40% degli aventi diritto se ne fregarono delle elezioni (e lo sai bene, ci hai fatto anche un articolo a riguardo), e il 70% di un referendum pure; tale cosa è un male, perché può solo portare piu diritti. Ma le persone, che hanno visto per troppo, troppo, troppo tempo i loro diritti schiacciati e sparpagliati al vento, oramai non gliene frega più niente. Come biasimarli? Intanto, se fosse passato il referendum, tempo 5 anni e avrebbero inserito una nuova legge distorta, che avrebbe aggirato questi diritti conquistati col voto e avvantaggiando, ancora una volta, i datori di lavoro e gli sfruttatori seriali.
L'italiano medio ha perso la fede nella parola. In tivù, noi vediamo solo lo 0.0000025% delle persone che votano. E ci fanno credere che sono la stragrande maggioranza, parte di quel 70%, che non vuole votare perché non capisce, non vuole, o semplicemente non gli interessa del referendum; quando la verità, è che la popolazione è cosciente che le cose, in Italia, non cambieranno mai, e non vota per amara delusione nel confronto delle istituzioni.
"L'Italia è una Repubblica fondata sui lavoratori che se ne fottono dei loro stessi diritti".
I Referendum sono uno strumento del popolo proprio perché sono "popolari", siano essi consultivi che abrogativi, ed è la gente intesa come popolo e non come iscritti ad un partito che esprime il proprio parere.
Se il popolo, in quanto tale, non ha il coraggio di difendere i propri diritti ed interessi nel momento in cui può decidere senza demandare ad alcuno il proprio pensiero, tutto perde di significato.
Non potremo accettare o esprimere lamentele nel momento in cui saremo vittime di quelle leggi che, per una volta avevamo l'occasione di modificare.
Enrico
Non ci avevo mai riflettuto ma sono stata illuminata da una riflessione di Massimo Franco: "abbassare il quorum significa consegnare il potere di decidere ad una minoranza". Sarebbe invece auspicabile alzare la soglia di ammissibilità ai referendum per evitare che questioni di scarso interesse generale, o questioni di cui dovrebbe occuparsi esclusivamente il Parlamento, diventino oggetto di consultazione popolare per motivi ideologici o di partito, a detrimento della democrazia e con gravi costi economici per il Paese.
Nadia Mai
https://www.youtube.com/watch?v=dD8ru7mFXuo