Chicco: dove c’è un casino

Ci risiamo. Chicco - il nome è sempre di fantasia: ha ancora solo sedici anni – ha deciso di ampliare costruttivamente il proprio palmarès di denunce e precedenti di polizia. Infatti, a poche settimane dall’arresto in manette avvenuto di fronte al liceo “Einstein” di Torino cui è iscritto, in seguito alla poco meno che insignificante aggressione con calci e pugni nei confronti di due agenti impegnati a dissuaderlo dall’impedire democraticamente un volantinaggio di natura politica a lui avversa, ha alzato l’asticella. Questa volta, infatti, il giovane Chicco sarebbe stato identificato insieme ad altri 33 amici del cuore, tra quel centinaio di bravi ragazzi che – nella foga antifascista che li caratterizza, soprattutto se manifestata in ossequio alla strenua difesa che sono soliti praticare verso la (loro) libertà di stampa e di opinione – hanno invaso pacificamente un paio di giorni fa la redazione torinese del quotidiano La Stampa, provvidenzialmente deserta a causa dello sciopero in corso. Un ingresso conciliante, va detto, che preceduto da grida di festoso saluto del tipo: “Ti uccido giornalista, sei il primo della lista”, li ha visti procedere con ordine, metodo e pazienza nell’opera di inclusiva distruzione degli arredi. Tutto lì. Un semplice “monito” – così come lo ha prontamente definito Francesca Albanese, l’ultima icona in ordine di tempo di una sinistra sempre in cerca di autore, che sembra tuttavia fare fatica a distanziarsi da questo squallore – affinché chi si occupa di informazione non abbia dubbi su chi siano i buoni, né su quale sia la parte giusta da esaltare. Incredibilmente, tuttavia, la vicenda ha comportato (nell’immediato) ingiustificate ondate di sdegno e riprovazione da parte della stessa Stampa e del quotidiano Repubblica, che hanno subito invocato la severa punizione dei colpevoli. Fortunatamente, però, si è presto chiarito l’equivoco. Le doglianze, infatti, non si riferivano ai poveri perseguitati del centro sociale di Askatasuna e tanto meno al neo martire Chicco, bensì ai veri colpevoli di questa innocente bravata. I poliziotti e il Viminale: chi altri sennò? «L’attacco si poteva prevedere», hanno osservato competenti. «L’attacco alla nostra redazione – hanno precisato sempre i giornalisti torinesi - non era né imprevisto né imprevedibile. Non ci sono protezioni – hanno proseguito - il presidio degli agenti del reparto mobile oggi non c'è. Ci sono gli investigatori della digos, che filmano, ma manca chi impedisce l'assalto». Chissà? Forse il personale in tenuta antisommossa si trovava negli stessi posti dove, quando gli allegri teppisti erano impegnati in altre analoghe attività dialoganti, la redazione riservava loro una diversa indulgenza. Stigmatizzando invece come autoritario l’operato di quegli stessi poliziotti che però, l’atro ieri, avrebbero voluto intenti a manganellare i crani dei medesimi manifestanti,  citati allora come “attivisti”, eppure oggi improvvisamente definiti “squadristi”. Non pervenuta, al momento, una nuova lettera dei 210 genitori degli studenti dell’Einstein, a suo tempo indignati con la scuola e i suoi dirigenti, colpevoli di aver permesso che lo scorso ottobre  il piccolo Chicco venisse «trattato come un criminale». Senza che nessuno, proseguivano ancora i papà e le mammà in quella missiva, avesse provato «a evitare che una scena così violenta e umiliante, si consumasse davanti agli occhi dei ragazzi». Può darsi che la stiano ancora pensando, magari lamentando in questo caso l’intollerabile accanimento da parte di uno stato di polizia, sia pure a fasi alternate, verso il tenero Chicco e i suoi compagni di gioco. Per poi inviarla soddisfatti alla redazione che lui stesso ha contribuito pluralisticamente a devastare, minacciando di morte chi all’interno ci lavora. Non per cattiveria, certo, ma al solo antico, nobile e sempre utile scopo di bastonarne uno, per educarne mille.

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Commenti

Anonimo ha detto…
Mi chiedo a questo punto degli ultimi eventi politici e di cronaca chi siano i fascisti 🤔
Rosario Failla ha detto…
È fin troppo comodo attaccare le forze dell'ordine e i giornalisti indipendenti, custodi della verità. Serve rispetto per chi garantisce legalità e informazione libera.

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