Deformazione professionale
Andiamo
con ordine. C’era Francesco Gratteri, procuratore capo di Napoli il quale – bontà
sua – pur senza produrre interviste false e mai avvenute, ha espresso il
proprio parere negativo sul tema della separazione delle carriere, tra la magistratura
inquirente e quella giudicante. Legittimo. Quindi, sempre in disaccordo sul rendere il ruolo dei pubblici ministeri a sé stante rispetto a quello dei giudici,
è intervenuto Cesare Parodi, presidente dell’Associazione nazionale magistrati.
Legittimo anche questo. Poi è stata la volta di Enrico Zucca, ossia il procuratore
generale di Genova e quindi, neppure a dirlo, di parere sempre legittimamente opposto
a quanto previsto dalla riforma del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Ha conseguentemente
preso la parola anche Elisabetta Vidali, presidente della corte d’appello di
Genova, per ribadire la legittima opinione sulla necessità di essere contrari
alla separazione delle carriere in magistratura. Infine, ma solo per carità di patria,
in quanto l’elenco sarebbe ancora più sterminato, c’era il presidente Anm della
Liguria Federico Manotti, che ha sottolineato l’opportunità più che legittima di votare
NO al prossimo referendum costituzionale su detta riforma "Nordio". Tutti d'accordo, quindi, sul voler mantenere inalterato l’attuale ordinamento che, invece di porre sullo stesso
piano la difesa e l’accusa, di fronte a un giudice terzo, prevede la parità tra
queste due ultime categorie. Magistrati entrambi, quindi colleghi, che
attualmente possono decidere carriera durante, di passare senza limitazioni dall’accusare
al giudicare e viceversa. Cosa c’è,
allora, che rende questa vicenda se non illegittima almeno discutibile? Che non
si è trattato di un convegno tra magistrati contrari alla separazione delle
carriere, bensì di un corso di formazione obbligatoria per i giornalisti,
organizzato nei giorni scorsi a Genova dall’Ordine regionale ligure, al quale hanno
partecipato ben 500 (!) iscritti tra professionisti e pubblicisti, attirati
dall’opportunità di conseguire con quella partecipazione addirittura sei
crediti formativi di natura deontologica. E non paia cosa da poco, se si pensa
che i crediti obbligatori da conseguire nel triennio che si chiuderà il
prossimo 31 dicembre sono sessanta, dei quali venti a carattere appunto
deontologico professionale. Avete capito bene. Un evento teoricamente formativo,
ma a pensiero unico, senza il minimo contraddittorio, obiettivamente più simile
a un indottrinamento di tipo vietnamita, che a un formarsi dell’informazione. La
quale per essere libera, come si invoca spesso a vanvera, dovrebbe essere per
prima cosa pluralista. Decine di interventi, invece, tutti ribadenti i medesimi concetti che, in barba a ogni galateo secondo cui andrebbero pensati i
forum, da legittimi che sono nella sostanza individuale di ciò che ognuno di
noi può legittimamente ritenere giusto, tale legittimità la perdono quando l’ipotesi
di un’opinione contraria non è neppure presa in considerazione. Una delle funzioni dei media, infatti, dopo
quella tanto famosa, quanto forzata (e citata solo quando conviene) del “cane da
guardia contro gli abusi del Potere”, dovrebbe essere quella di contribuire a
formare un’opinione libera e incondizionata nel lettore. Distinguendo, sempre
per citare gli antichi Maestri, i fatti dalle opinioni e favorendo queste
ultime attraverso gli editoriali di segno opposto tra loro. Questo, in definitiva,
l’abc che ci si sarebbe potuto e dovuto aspettare da un corso – obbligatorio -
inteso a “formare”, che è cosa diversa dal convincere, quei professionisti cui è
deputata l’obiettiva, imparziale e plurale informazione. Se non un magistrato, in
quel contesto, si sperava ci fosse almeno un giornalista (figura, in
questi corsi, obbligatoria al tavolo dei relatori), capace di esprimere un
parere avverso, o perlomeno un dubbio. Neanche per sogno. Forse perché non era
disponibile Marco Travaglio, gli organizzatori hanno invitato Massimo Giannini (evidentemente non ancora imbavagliato), ossia il più accanito sostenitore del NO presente nella redazione di
Repubblica. Un pomeriggio genovese apparentemente inteso a formare, trasformato
invece ad arte in un raduno deformante.

Commenti
Non ci può essere una sola voce quando si predica il diritto alla libera informazione e della libertà di opinione.
E' di cattivo gusto.e contro ogni logica di buon senso, nella mancanza del rispetto di chi la pensa diversamente.
I formatori esprimono dei concetti e li spiegano nelle varie forme nelle quali gli stessi si estrinsecano, in positivo e in negativo, facendo si che i discenti ne comprendano i risvolti e ne portono a casa i significati.
Dovranno poi essere loro a metterli in pratica secondo coscienza.
Ma anche la coscienza ha bisogno di un vontrsddittorio
Ne abbiamo la prova quando esce un articolo su una materia della quale abbiamo una buona conoscenza. Ci accorgiamo subito che le nostre eventuali illusioni sul controllo dell’informazione vanno in fumo. Ma il grande pubblico, no. Ed è spesso inutile scrivere all’editore affinché pubblichi l’opinione della parte avversa.
Occorrerebbe quindi un Garante dell’informazione a livello nazionale (quelli locali sono incaricati di ‘specifici’ compiti), che non può essere parte in causa, come la Stampa, che applichi rigorosamente il codice etico della categoria dei giornalisti. Tra i tanti ‘Garanti’ esistenti, questo è il primo ad essere indispensabile. Il giornalista veramente indipendente è una perla rara. Come Maurizio.